La Carta di Riva

La Carta di Riva afferma, in 13 punti, la necessità di adeguare le normative vigenti in tema di soccorso alle attuali tecnologie e di riconoscere le specifiche caratteristiche professionali di ciascuno degli attori coinvolti.

Se il mondo cambia, il Sistema di Emergenza deve fare altrettanto

Nel corso del’ultimo Congresso Nazionale Emergenza Urgenza svoltosi a Riva del Garda, è stato redatto un documento,  siglato dalle principali sigle societarie mediche ed infermieristiche, da rappresentanze di enti di volontariato, per la prima volta in modo strutturato e congiunto. La Carta di Riva afferma, in 13 punti, la necessità di adeguare le normative vigenti in tema di soccorso alle attuali tecnologie e di riconoscere le specifiche caratteristiche professionali di ciascuno degli attori coinvolti (medici, infermieri, personale delle associazioni di soccorso), al fine di garantire un soccorso uniforme e ad elevato standard di qualità su tutto il territorio nazionale.

Il soccorso preospedaliero rappresenta una relativa novità nella medicina. Il 118 in Italia esiste come entità a sé dagli anni 90, molti di noi ricordano i cartelloni con i numeri di telefono all’ingresso delle città, i riquadri scritti grandi sulle Pagine gialle. Il 118 nacque in un’epoca in cui si poteva solo telefonare da casa, dalle cabine, dal bar. Il gold standard era lo “scoop and run” e le ambulanze poco più che furgoni attrezzati (leggi qui il nostro articolo sulla storia del 118). I giorni nostri vedono una possibilità tecnologica in continua e rapida evoluzione sia in termini strettamente clinici (ad esempio la diagnostica POCUS nel trauma, il ruolo sempre più centrale della capnografia nei ROSC), sia in termini logistici e di comunicazione (ad esempio le app di geolocalizzazione, la trasmissione di ECG in real time). Non dimentichiamo infine che è nata una figura professionale che in quegli anni non esisteva, il medico specialista in medicina di Emergenza-Urgenza, disciplina prima lasciata appannaggio di internisti e, per i casi peggiori, dei rianimatori. Il ruolo del personale volontario, da semplice porta-barelle è passato a comprendere competenze specifiche quali posizionamento e gestione di presidi specifici, rilevazione di parametri vitali, in alcune regioni esecuzione in autonomia di esami diagnostici (ECG). Tale evoluzione porta con sé una pesante responsabilità sia di attuazione sia di sorveglianza, attualmente priva di adeguato riconoscimento normativo uniforme su tutto il territorio nazionale.  
La necessità di una riforma legislativa (attualmente il soccorso preospedaliero è ancora regolamentato dal DPR 27 marzo 1992) appare quindi imprescindibile.

La Carta di Riva, i 13 punti in dettaglio

Al primo punto della Carta di Riva viene manifestata la necessità di garantire alla popolazione, su tutto il territorio nazionale, un trattamento standardizzato ed uniforme,  attraverso il superamento dell’attuale frammentazione dei modelli gestionali.
In tale direzione va quindi il secondo punto, ove si auspica l’integrazione, utilizzando le adeguate strumentazioni tecnologiche, delle centrali operative territoriali 118 con le CUR del NUE 112.
Sempre in ottica di uniformità e comunicazione inter-specialistica è il terzo punto, che esprime la necessità di una rete che integri, a vari livelli di responsabilità, tutte le componenti del SSN che partecipano all’assistenza alla cittadinanza.
Il quarto punto esprime la necessità di valorizzare le specifiche figure professionali coinvolte: i principali attori in gioco devono poter esprimere al meglio le loro qualifiche professionali, ciascuno entro l’ambito delle proprie competenze.  
Il quinto ed il sesto punto sottolineano il ruolo chiave dell’infermiere nel soccorso preospedaliero: viene riconosciuta la sua specifica competenza professionale sia in ambito di centrali operative e Pronto Soccorso (ove sono interamente responsabili di uno dei processi più delicati del percorso, il triage) sia in ambito preospedaliero, con il riconoscimento dell’autonomia dell’infermiere in percorsi di gestione del dolore acuto e di interventi salvavita.  
Il settimo e l’ottavo punto invece vertono sulla necessità di  definire un sistema uniforme su tutto il territorio per la valutazione delle performance in urgenza-emergenza, attraverso l’utilizzo di opportuni indicatori, al fine di valutare l’efficacia e l’efficienza dei vari servizi sanitari regionali e delle province autonome.
Al nono punto il riconoscimento formale del ruolo, nell’ambito del soccorso, delle organizzazioni di Volontariato (ANPAS, CRI, Misericordie), già oggi supporto fondamentale al sistema.
Il successivi tre punti riguardano il riconoscimento contrattuale del personale impegnato nell’emergenza: si auspica l’omogeneità su tutto il territorio nazionale del reclutamento e della contrattualizzazione del personale, che deve essere dipendente dal SSN e rispondente a idonei standard di formazione, deve avere il riconoscimento delle specifiche indennità di ruolo e di rischio ambientale, e l’inquadramento deve riconoscere e valorizzare le competenze maturate attraverso l’anzianità lavorativa specifica nel ruolo.
L’ultimo punto infine riguarda il riconoscimento e del ruolo e della specifica formazione delle componenti professionali tecniche del soccorso.

Il compito di recepire ed attuare i contenuti di tale documento è ora della politica.  Una piccola nota a margine. Ci sembra che i medici di medicina generale e i medici del servizio di Continuità Assistenziale siano i grandi assenti in questo documento intersocietario, sebbene siano presenti nella gestione del paziente extraospedaliero. Sono considerate figure oramai anacronistiche o parte integrante di una rete di soccorso? Se ne fanno parte, quale ruolo hanno allora queste figure professionali? Quale il loro “standard minimo formativo?” Come integrarli nella rete NUE?