Il Morbo di K

Una malattia altamente contagiosa, tutta l'Europa minacciata dal contagio, malati e assistenti in isolamento, medici che rischiano la vita ogni giorno per assicurare le cure a pazienti malati di una malattia di cui non si sa niente.

Articolo tradotto dall'originale in francese

Il Giorno della Memoria

Ogni anno il 27 gennaio si celebra il Giorno della Memoria, istituito per ricordare le vittime dell’Olocausto, lo sterminio messo in atto tra il 1933 e la metà degli anni Quaranta dalla Germania nazista e dai suoi alleati verso tutte le categorie ritenute "indesiderabili". I primi a essere perseguitati, deportati nei campi di concentramento e uccisi, furono gli ebrei: ne morirono tra i cinque e i sei milioni. La data del Giorno della Memoria è stata scelta dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite l’1 novembre 2005 con la risoluzione 60/7, in seguito alle celebrazioni del sessantesimo anniversario della liberazione dei lager nazisti. Il 27 gennaio 1945 le truppe dell'Armata Rossa arrivarono per prime alla città polacca di Auschwitz, dove scoprirono il campo di concentramento. I soldati liberarono i superstiti le cui testimonianze aprirono per la prima volta gli occhi del mondo sull’orrore del genocidio nazifascista.

Lungo il Tevere

La storia del Morbo di K ha inizio lungo il Tevere, a Roma, in particolare sull’Isola Tiberina. Non sembra un granché questo isolotto, familiare a tutti coloro che hanno avuto la possibilità di passeggiare lungo il Tevere nella capitale romana. Eppure, l'Isola Tiberina è stata al centro della storia romana fin da quando i primi abitanti della zona la scelsero per diventare il cuore dell'Urbs. Una scelta logica: era molto più facile costruire due piccoli ponti su ogni lato dell'isola che preoccuparsi di costruirne uno più lungo altrove.
Caratteristica curiosa, considerata la storia di cui stiamo parlando, è che quest’isola ha avuto a che fare spesso con le epidemie. Nel III secolo a.C., quando l'ennesima epidemia di peste stava devastando le strade di Roma, l'Isola Tiberina fu scelta per costruire un tempio ad Esculapio, l'equivalente romano del dio greco della medicina Asclepio. La tradizione sopravvisse all'Impero e l'isola continuò a fungere da santuario medico nel corso dei secoli. Nel 1585, i seguaci di San Giovanni di Dio (Giovanni Ciudad), o Fratelli Ospitalieri, scelsero di stabilirsi qui e fondarono l'Ospedale San Giovanni Calibita Fatebenefratelli.
Per diversi secoli, i monaci medici adempirono alla missione che si erano prefissati: alleviare le sofferenze dei loro contemporanei in generale e delle vittime delle grandi epidemie in particolare - la vera specialità dei curatori dell'ospedale Fatebenefratelli. E continuarono fino alla metà della seconda guerra mondiale, quando la loro santa missione prese improvvisamente una piega inaspettata.

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Veduta aerea dell'Isola Tiberina, Roma (Adobestock)

Roma, autunno 1943: la vita è sempre più bella

L'ospedale, che era stato ampiamente modernizzato all'inizio degli anni Trenta, era allora diretto da Giovanni Borromeo, un rinomato professore di medicina che si era sempre tenuto a distanza dal partito fascista. Senza aderire realmente alla resistenza italiana, rifiutò due proposte certamente allettanti, ma condizionate alla sua adesione al partito di Mussolini. Il professore preferì unirsi all'ospedale dell'Isola Tiberina, che non imponeva tali condizioni, e per una buona ragione: istituto religioso, l'Ospedale Fatebenefratelli era sempre appartenuto all'ordine spagnolo degli Ospedalieri.
Fino al 1943, Borromeo continuò il suo lavoro nel modo più normale possibile nel bel mezzo del conflitto mondiale, ben aiutato dallo status quasi extraterritoriale di cui godeva il suo istituto.
Nel settembre 1943, tutto cambiò: l'avanzata degli Alleati nell'Italia meridionale portò all'intervento tedesco. La Wehrmacht entrò in tutta l'Italia settentrionale, fino a Roma, e la amministrò quasi direttamente. Mussolini, leader fantoccio della Repubblica di Salò, non governava più gran parte dell'Italia divisa. A Roma, fu l'ufficiale delle SS Herbert Kappler1 a controllare effettivamente la città, sotto la più lontana autorità militare del generale Albert Kesselring.
Per gli Ebrei italiani fu una catastrofe: se fino ad allora avevano goduto di una relativa pace, nonostante le leggi antisemite del 1938, ora si trovavano nel mirino di uno dei più accaniti sostenitori della Soluzione Finale. In Belgio, dove svolgeva il suo precedente incarico, aveva già ordinato una serie di rastrellamenti e organizzato i primi convogli verso i campi di concentramento. Dopo aver riscattato la comunità ebraica italiana, in gran parte concentrata nel Ghetto, il 15 ottobre ordinò il rastrellamento di 1.259 ebrei, la maggior parte dei quali fu inviata ad Auschwitz - solo 16 sarebbero tornati.

Un male misterioso

In questo contesto, mentre tutt’intorno l’aria si faceva improvvisamente irrespirabile, l'ospedale Fatebenefratelli continuò a funzionare come se nulla fosse, a due passi dal quartiere del Ghetto, separato solo dal Ponte Fabricio. Le équipe del Prof. Giovanni Borromeo avevano altre preoccupazioni: dal 16 ottobre i loro reparti iniziarono a ricevere un flusso continuo di pazienti gravemente malati, senza una diagnosi precisa, con sintomi particolarmente gravi: crampi, convulsioni, tetania, demenza, paralisi... I malati più gravi morivano dopo una lenta e insopportabile asfissia che ricordava molto quella dei pazienti affetti da tubercolosi. Il nome provvisorio che Borromeo diede alla malattia sconosciuta che stava affrontando - il Morbo di K - era un riferimento diretto al bacillo di Koch, quel piccolissimo verme responsabile della tubercolosi.
Isolata in due grandi stanze ermeticamente chiuse al mondo esterno, una per le donne e i bambini e l'altra per gli uomini, la sindrome sembrava ancora più spaventosa perché altamente contagiosa. Larga appena sessanta metri, separata dal resto della capitale italiana da due minuscoli ponti, l'intera Isola Tiberina era una pentola a pressione, una bomba infetta da cui l'epidemia avrebbe potuto fuoriuscire in qualsiasi momento - questo spiegò con calma il Professor Borromeo agli ufficiali delle SS venuti a chiedere spiegazioni con la loro leggendaria cordialità.
Questi ufficiali, tuttavia, accompagnati da uno dei loro medici, non si fecero pregare per allontanarsi, colti come tutti da un sacro panico alla prospettiva di venir contagiati da una simile schifezza. Era fuori discussione andare a dare un'occhiata dietro le grandi porte ermeticamente chiuse, dietro le quali si sentivano chiaramente i colpi di tosse.
I campioni dell'umanità, l’elite ariana, vennero fregati in grande stile. Il Morbo di K non esisteva. Ovviamente impossibile da realizzare senza la complicità della maggior parte del personale infermieristico, la truffa medica più umanitaria della Seconda Guerra Mondiale nacque rapidamente, nella notte tra il 15 e il 16 ottobre, quando gli Ebrei sopravvissuti al rastrellamento di Kappler cercarono disperatamente una via di fuga dai soldati tedeschi.
Alcuni pensarono di rivolgersi a uno dei medici dell'ospedale, Vittorio Emanuele Sacerdoti. Ebreo anch'egli, da tempo i Fratelli dell'Ospedale gli avevano permesso di lavorare sotto falsa identità. Sacerdoti ne parlò a Borromeo, che non esitò, e la magnifica storia dell'epidemia mortale e misteriosa, nata quella notte, si concretizzò immediatamente.
Il 16 ottobre e nei giorni successivi, Borromeo e il personale dell'ospedale accolsero come pazienti decine di connazionali che non avevano il minimo accenno di raffreddore e li "curarono" in isolamento, mentre il primario e i suoi colleghi stilavano una lista di sintomi, uno più spaventoso dell'altro, per sviare i sospetti nazisti. «I nazisti sono scappati come conigli», disse Vittorio Sacerdoti ridendo in un'intervista alla BBC nel 2004.

Un’organizzazione per salvare vite umane dalla deportazione

Una volta intrapresa quella strada, fu difficile rallentare. Mentre il Morbo di K continuava a tenere a bada la polizia militare tedesca, l'intero ospedale Fatebenefratelli continuava la sua graduale trasformazione in una vera e propria organizzazione per salvare vite umane dalla deportazione. Nel seminterrato fu presto installata una radio per entrare in contatto con i Partigiani repubblicani e con il comando degli Alleati, che stavano gradualmente conquistando la parte d'Italia ancora controllata dai Tedeschi, con duri combattimenti.
Sempre più "malati" furono ricoverati nell'ospedale tra i veri pazienti, sotto il naso delle autorità tedesche. Ebrei italiani, oppositori politici... Non importava: sui documenti amministrativi la dicitura "Morbo di K" era sempre presente. La stessa logica venne stata applicata ai falsi certificati di morte firmati quando finalmente si trovò il modo di trasferire i rifugiati. Tutti indicavano la stessa ragione di morte: "morbo di K". Questa iniziale era frutto della mente un po' burlona di un altro dei medici coinvolti nella vicenda, il medico e attivista antifascista Adriano Ossicini. "Sindrome K o Morbo di K" sulle cartelle cliniche dei pazienti era un modo per indicare che il malato non era affatto malato, ma Ebreo. La sindrome K era un modo per dire: “Ammetto un Ebreo' come se fosse malato, mentre erano tutti sani", ha spiegato il dottor Ossicini nel 2016, all'età di 96 anni.

Quanti falsi pazienti vennero risparmiati? Con il passare del tempo il loro numero crebbe a tal punto che era impossibile saperlo con precisione, ma lo storico australiano dell'Olocausto Paul R. Bartrop stima che tra l'ottobre 1943 e la liberazione di Roma, all'inizio del giugno 1944, siano state salvate un centinaio di persone. Un centinaio di vite sono state salvate grazie a uno stratagemma improvvisato in poche ore da un manipolo di medici ed ecclesiastici2.

Giovanni Borromeo, morto nel 1961, è stato riconosciuto "Giusto tra le Nazioni" nel 2004 dal memoriale di Yad Vashem, che si occupa, tra l'altro, di onorare la memoria di coloro che, pur non essendo Ebrei, hanno contribuito a salvare gli Ebrei durante la Seconda guerra mondiale. Nel giugno 2016, lo stesso Ospedale Fatebenefratelli è stato premiato dalla Fondazione americana Raoul Wallenberg, che si propone di onorare le gesta eroiche compiute durante la guerra.
 

Note:
1 - Se l'eccidio delle Fosse Ardeatine - 335 civili fucilati per rappresaglia a un'azione della Resistenza italiana - non vi dice nulla, non cercate oltre il responsabile: è Kappler.
2 - Ai nomi di Borromeo, Ossicini e Sacerdoti, va aggiunto quello del superiore religioso della comunità, il polacco Fra Maurizio Bialek, anch'egli impegnato nei movimenti antifascisti. Senza questi tre uomini e senza il sostegno delle loro squadre, nulla sarebbe stato possibile.