O.Ma.R. - L'Osservatorio Malattie Rare

L’Osservatorio Malattie Rare (O.Ma.R.) è la prima ed unica agenzia giornalistica, in Italia e in Europa, dedicata alle malattie rare e ai tumori rari. Abbiamo incontrato la fondatrice ed attuale direttrice, Ilaria Ciancaleoni Bartoli.

Di cosa si occupa l’Osservatorio Malattie Rare?

L’Osservatorio Malattie Rare si occupa di fare corretta informazione sulle malattie rare. Un’informazione basata essenzialmente sulla condivisione delle evidenze scientifiche più solide e sulle interviste ai referenti più autorevoli, che lavorano nei centri pubblici di riferimento per le varie patologie. Facciamo informazione in modo accessibile, online, senza richiedere registrazione, senza alcun pagamento. Un’informazione semplice nel suo linguaggio, pur senza rinunciare al rigore scientifico. Quello che si legge sul nostro portale deve essere comprensibile, senza margini di  interpretazione, a tutti, anche a chi ha appena avuto una diagnosi e non ha alcuna preparazione medica. La corretta informazione sulle malattie rare è la nostra attività principale, quella per cui siamo nati.
Col tempo abbiamo iniziato anche ad occuparci di altro. Dall’informazione siamo passati alla formazione, rivolta sia ai medici sia ai pazienti. Per quel che riguarda i medici, la nostra attività di formazione si focalizza principalmente sui medici di medicina generale e sui pediatri, quei medici che non sono specialisti in questo campo, ma che, più di tutti, devono essere messi in condizione di riconoscere i campanelli d'allarme delle malattie rare, di capire se una malattia può avere origine metabolica piuttosto che neurologica, in modo da indirizzare i pazienti verso i centri di riferimento più adeguati per avere una diagnosi il più precocemente possibile. La formazione rivolta ai pazienti tocca vari argomenti, non solo diagnosi e terapia ma anche come si ottiene un codice di malattia rara o cosa fare per supportare una domanda di invalidità civile, perchè sono queste le cose con cui le persone affette da malattia rare devono combattere ogni giorno. Meno dell'1,5% delle malattie rare, infatti, ha una terapia specifica - circa 130 su 10.0000 - negli altri casi i pazienti hanno bisogno di terapie di supporto, riabilitazione e assistenza per vivere la loro quotidianità: hanno bisogno di avere la sedia a rotelle più adatta, il letto adeguato, l'assistenza per la scuola, il certificato che consente di essere considerati 'fragili' ed è importante che il medico sappia accompagnare il paziente in queste pratiche.
Lavoriamo molto anche con le istituzioni, che riteniamo un player fondamentale, bisogna sensibilizzarle, far conoscere la situazione e come poterla migliorare, portando anche delle proposte molto concrete. Grazie a questo lavoro costante siamo riusciti ad ottenere Leggi importanti, come quella che introduce lo Screening Neonatale Allargato - di certo un tema su cui formare ginecologi, ostetrici, neonatologi e pediatri, e poi il Testo Unico Malattie Rare, approvato nel 2021, che introduce agevolazioni per la ricerca e aiuti per le famiglie in maggiori difficoltà.
Organizziamo molti incontri tra medici e pazienti, facilitando una comunicazione diretta, con linguaggio semplificato, delle ultime novità che riguardano la loro patologia, parlando di sintomi, di diagnosi, di terapia, di nutrizione, di procreazione. Si tratta di incontri molto efficaci, perché i pazienti hanno modo di fare domande e avere risposte immediate, cosa che non sempre si riesce a fare durante le visite mediche, per mancanza di tempo o perché si è concentrati sull’esito dell’ultima risonanza. Da questi incontri emergono anche iniziative interessanti, come i libri bianchi, con richieste specifiche per le istituzioni, proposte di legge a livello nazionale o regionale.
L’Osservatorio Malattie Rare è nato per fare informazione. Col tempo, raccogliendo informazioni, dati, storie dal territorio, è stato naturale per noi organizzare anche azioni concrete. Di fronte a tanti bisogni abbiamo scelto di impegnarci in prima persona per migliorare la situazione. Raccontare è importante, ma fare lo è di più. Noi oggi ci consideriamo “giornalisti impegnati” e il nostro è un "giornalismo di servizio".

Il punto focale del vostro lavoro è il portale web?

In un certo senso sì. Il nostro sito web osservatoriomalattierare.it rappresenta una vetrina, il punto di accesso alle informazioni e ai servizi, come lo sportello legale e l'esperto risponde. Il portale contiene oltre 20.000 articoli, registra mediamente 850.000 contatti al mese, quindi più di 1 milione di visite all’anno - e questo senza contare chi ci segue sui social, che porterebbe a raddoppiare la cifra. O.Ma.R. è il primo sito che compare nei motori di ricerca quando si parla di malattie rare.
La capacità che nel tempo abbiamo acquisito di informare correttamente e dialogare con tutti gli stakeholder ci è stata formalmente riconosciuta anche dal Ministero della Salute che ci ha voluto tra i componenti del Comitato Nazionale Malattie Rare.
Non abbiamo una sezione per i medici ed una per i pazienti, il canale informativo è comune: il nostro non è un portale commerciale, che serve a spingere una terapia o l'altra, per quello ci sono già gli informatori scientifici ed altri canali. A noi interessa mettere a disposizione informazioni legate alla disponibilità effettiva di una terapia, ai benefici attestati negli studi clinici, o informazioni su trial in corso.

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Il portale web osservatoriomalattierare.it

Come è nata l’idea di fondare l’Osservatorio Malattie Rare?

Tutto è nato nel 2010, abbastanza per caso, da una mia sensibilità personale che ha incontrato alcuni bisogni. Io sono una giornalista, ho iniziato a lavorare negli uffici stampa. In quel periodo, nel mio lavoro, mi capitò di incontrare, casualmente,  due associazioni che si occupavano di malattie rare. Le storie di cui erano portavoce mi appassionavano ed iniziai ad approfondire l’argomento. Mi resi conto che, in quel campo, i giornalisti avevano molte curiosità, ma non sapevano dove cercare le informazioni, non sapevano valutare le fonti, capire cosa fosse affidabile e cosa non lo fosse su questa materia.
Io iniziai a prendere confidenza col mondo delle pubblicazioni scientifiche e dei dati sulle malattie rare, imparando ad usare i vari database disponibili sul web. Tredici anni fa quel campo era un mondo completamente inesplorato in Italia. Iniziai quindi a mettere a disposizione dei colleghi giornalisti informazioni pronte da usare, in modo tale che fosse più facile farle circolare. Quindi mi resi conto che questa esigenza di avere informazioni era anche dei pazienti affetti da malattie rare, che in più avevano la necessità di far conoscere i loro bisogni e le loro necessità alle istituzioni. Mi resi conto che serviva uno strumento che facesse da collettore per le varie informazioni sulle malattie rare, utile a tutti quelli coinvolti in questo ambito, che facesse da bussola e rispondesse a bisogni precisi. Era un’attività che mi appassionava, quindi decisi di creare il portale web.
Immaginavo che potesse essere utile, mai che potesse crescere così tanto e che diventasse l’occupazione principale della mia vita. Fin da subito l’idea venne accolta con entusiasmo. Dopo la pubblicazione, mi scrissero immediatamente molti medici, dando la loro massima disponibilità ad aiutarmi. Ci avevo visto bene, anche loro sentivano questo bisogno di informazione.

La tua spiccata sensibilità verso questo argomento deriva da una storia personale o familiare legata alle malattie rare?

No, quando ho iniziato questo percorso non avevo mai avuto esperienza personale in questo campo. Paradossalmente, dopo aver creato l’Osservatorio Malattie Rare, ne sono rimasta coinvolta. Una persona a me molto cara ha avuto diagnosi di malattia rara. Un paradosso, o forse la testimonianza del fatto che le malattie rare, in realtà, non sono poi così rare. Io credo che, se ognuno di noi si concentrasse sulla cerchia ristretta delle 15-20 persone che frequenta più assiduamente, non farebbe fatica a trovare una storia legata alle malattie rare.

Quali sono le aree di azione comune tra O.Ma.R. e i medici?

Il motivo più frequente per cui contattiamo i medici sono le interviste, che hanno l’obiettivo di diffondere il più possibile informazioni certe sulle varie patologie. Succede anche di contattarli perché i giornalisti hanno bisogno di esperti su questa o quella malattia. Noi, in pratica, facciamo da tramite. Nel 99% dei casi oggi un giornalista che in Italia ha bisogno di contattare un medico esperto in una malattia rara contatta noi. Fanno eccezione solo le testate locali, che spesso vanno nell’ospedale di zona a cercare le informazioni di cui hanno bisogno. Noi contattiamo i medici, organizziamo l’intervista, consigliamo il taglio da dare all’intervista, facciamo proprio da consulenti.
Coinvolgiamo i medici poi nei nostri progetti più ampi, che hanno sempre una parte scientifica. Quando abbiamo scritto il libro bianco sulla corea di Huntington, ad esempio, abbiamo coinvolto associazioni e pazienti, ma anche tutti gli esperti delle varie aree di necessità, dal neurologo al nutrizionista, dallo psichiatra al genetista e lo stesso abbiamo fatto per l'Amiloidosi e il Rachitismo, o per i Tumori Rari.
Lavoriamo insieme ai medici anche quando vengono preparati trial clinici che devono coinvolgere i pazienti. Ci facciamo spiegare le caratteristiche dello studio, in cosa consiste la sperimentazione, quali sono gli obiettivi, quindi li aiutiamo a raggiungere i pazienti. Per questo tipo di ricerche non è facile ingaggiare i pazienti, in alcuni casi i numeri sono davvero piccoli, quindi supportiamo il lavoro di reclutamento usando i nostri canali di informazione e la nostra banca dati.
Poi ci sono i convegni. Convegni medici, organizzati da noi o di cui noi siamo co-organizzatori, su vari argomenti che possono riguardare chi si occupa di malattie rare.
La collaborazione dei medici è fondamentale per noi, perché caratterizza l’autorevolezza delle informazioni che diffondiamo e la serietà delle iniziative che organizziamo.
È sempre più frequente però che siano i medici a contattare noi, spesso perché hanno un assistito con un sospetto di malattia rara o una diagnosi recente e vogliono saperne di più, per poter dare suggerimenti e indirizzi utili. E chiamano poi perché possono contare su risposte pratiche e chiare, e non semplicemente link a pubblicazioni o estratti di normative da interpretare.

In quale altro modo i medici possono contribuire al lavoro dell’Osservatorio Malattie Rare?

Al momento la cosa che più mi piacerebbe fare e che sarebbe piu' utile sarebbe quella dipoter lavorare con le diverse società scientifiche e gli ordini dei medici per creare dei percorsi di formazione che siano realmente interessanti per la medicina e pediatria di base, corsi basati più sui sintomi che sulle malattie. E poi mi piacerebbe costituire un network di esperti volontari che possa rispondere velocemente alle domande degli utenti - quelle di carattere medico - abbiamo già un servizio l'esperto risponde ma mi piacerebbe potenziarlo, anche se devo dire che già ha dato buoni risultati.
Ricordo, ad esempio, il caso di un paziente che aveva una certa sintomatologia, al quale continuavano a fare esami specifici indirizzati ad avere riscontro di una data patologia. Gli esami erano negativi, ma lui continuava a fare indagini su indagini e a rimanere senza diagnosi, perché i medici erano certi che avesse quella patologia, quindi ne cercavano la conferma. Con l’autorizzazione del paziente, sottoponemmo il caso clinico ad un medico con cui eravamo in contatto, uno di quelli che compone la nostra lista di esperti. La nostra impressione era che i medici si fossero concentrati su una patologia non considerando che gli stessi sintomi erano dati da un’altra patologia, molto più rara. Noi non siamo medici, ma in tanti anni di attività qualcosa sulle malattie rare lo abbiamo imparato. Fu grazie a questa condivisione di informazioni che il paziente riuscì ad avere una diagnosi. La diagnosi precoce è fondamentale per tutti i pazienti, soprattutto per chi soffre di malattie rare.

Come avete costruito la lista dei medici esperti nelle varie malattie rare?

Tenere ed aggiornare questa lista rappresenta gran parte del nostro lavoro oggi. Si tratta di un lavoro di studio e di ricerca non sempre facile, con l’obiettivo di capire quali equipe pubblicano nuove ricerche, di cosa si occupano nello specifico dal punto di vista clinico e della ricerca, quanto sono autorevoli nell’ambito della comunità medica i loro risultati. Siamo poi sempre in contatto con le varie associazioni di pazienti per conoscere i medici che fanno parte dei loro comitati scientifici.
Questa lista di esperti si è costruita in tanti anni di attività sul campo. Rispetto all’inizio oggi il lavoro da una parte è più semplice, perché la rete di contatti che abbiamo costruito ci aiuta nel tenere aggiornate le nostre informazioni, dall’altra è più difficile perché sentiamo il peso della responsabilità nei confronti dei tanti che si affidano a noi non solo per avere queste informazioni, ma perché confidano che siano le migliori a disposizione. Quando una persona malata si rivolge a noi, ad esempio, prima di indirizzarla facciamo continui controlli per verificare che le informazioni sul centro o sul medico siano aggiornate.

Come O.Ma.R. può aiutare i medici?

Attualmente i medici stessi ci dicono che utilizzano tantissimo il nostro sito per informarsi e per mantenersi aggiornati in maniera veloce. Studiare un paper scientifico è impegnativo anche solo per l’impiego di tempo, le nostre sintesi invece sono veloci da leggere. Molti medici di medicina generale usano O.Ma.R. per fare ricerca quando, magari, si presenta in ambulatorio un loro paziente che, dopo essere stato da uno specialista, riferisce il sospetto di una qualche malattia rara che, spesso, non si trova in nessun libro di medicina. Si informano sul sito e spesso ci contattano per avere più informazioni, soprattutto quelle che riguardano i centri di riferimento dove poter indirizzare i pazienti.
Molti medici poi ci chiedono aiuto per dare visibilità al loro lavoro, che spesso rimane invisibile come le malattie di cui si occupano. Molto spesso i medici non hanno conoscenza di quello che succede all’interno della loro regione. Quindi, quando qualcuno fa qualcosa di eccellente, usa O.Ma.R. per dargli visibilità e permettere ai colleghi di sapere che esiste questo centro, questa equipe di esperti, questo ambulatorio specifico per una data malattia rara. Così facendo si evita che un ragazzino malato e la sua famiglia da Prato vengano mandati in un centro a Milano, quando avrebbe potuto avere le stesse cure a Firenze.

Che giudizio si può dare sull’organizzazione regionale del Servizio Sanitario Nazionale nella gestione dei pazienti affetti da malattie rare, data la situazione di disomogeneità di qualità dei servizi offerti ai pazienti?

Il sistema sanitario regionale può avere utilità, forse, quando si parla di grandi numeri. Sui piccoli, a volte piccolissimi, numeri legati alle malattie rare, questa organizzazione è fallimentare. Un’organizzazione nazionale eviterebbe intoppi amministrativi e lungaggini, dato che chi soffre di una malattia rara spesso ha a disposizione pochi centri nazionali di riferimento per la diagnosi e la terapia - a volte ne hanno a disposizione solo uno. Per le malattie rare questo regionalismo non ha senso. I malati rari si indirizzano verso il centro di riferimento, la regione non conta. Il centro di riferimento è il centro di eccellenza, che spesso per queste malattie è uno in tutta Italia. Ed è giusto così, perché si diventa centro di eccellenza solo se si può gestire il maggior numero di casi possibile. Spesso questa situazione organizzativa determina complicazioni inutili.
Parliamo dei piani terapeutici. Quasi tutti i pazienti con malattie rare si rivolgono a centri al di fuori della loro regione, dove vengono preparati ed approvati i piani terapeutici. Piani che, al rientro nella regione di residenza, devono essere nuovamente approvati. La logica del controllo delle spese ha senso, ma questo non può rischiare di compromettere la salute dei pazienti.
L’organizzazione regionale complica le cose anche per quel che riguarda i registri che raccolgono i dati delle malattie. In molti casi facciamo fatica a raccogliere, a livello nazionale, i dati di una malattia perché sono raccolti in registri regionali diversi, a volte organizzati in modo diverso. Spesso manca anche solo la volontà di condividere i dati raccolti. Chiaramente, in queste condizioni, come si può pensare di organizzare piani di intervento a livello nazionale? Spero che le ultime novità legate alle funzioni del Centro Nazionale Malattie Rare portino qualche novità in questo campo, facilitando il coordinamento tra le varie realtà locali.
Parlando di quegli elementi in cui un’organizzazione regionale potrebbe portare benefici al paziente, ad esempio l’organizzazione dell’assistenza domiciliare, constatiamo purtroppo che spesso i servizi sono deficitari o assenti e non c’è prospettiva alcuna di implementarli. Dove l’organizzazione regionale avrebbe un senso, il sistema frana su se stesso.

In una condizione di scarsità di risorse, ha senso investire in malattie che colpiscono così pochi pazienti?

Sì, ha senso. Ha senso dal punto di vista etico, perché i medici hanno il dovere di curare chi è malato. Per un medico non dovrebbe essere importante se quella malattia è frequente o se è rara. Il diritto alla salute è presente nella nostra Costituzione, in quella di altri Paesi, secondo l’OMS è un diritto fondamentale e universale. Nessuno ha scritto che se la tua malattia è rara, allora questo diritto vale di meno.
Nello specifico, per quanto riguarda la ricerca, il campo in cui questo dubbio ricorre più spesso, io ritengo che abbia senso investire risorse nelle malattie rare. Basterebbe ricordare che le grandi scoperte della medicina moderna, le sue ultime tappe, mi riferisco ad esempio alla terapia genica, sono state acquisite grazie allo studio, ai piccoli numeri, di alcune malattie rare. Studiare una malattia rara può facilitare la comprensione di meccanismi biologici utili a chiarire o a curare altre patologie. Tante ricerche su malattie rare a base neurologica, ad esempio, potrebbero essere il punto di partenza per studi sull’Alzheimer o sul Parkinson. Le malattie rare sono spesso una palestra per la ricerca.

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Ilaria Bartoli, fondatrice e direttrice di O.Ma.R.

Voi rappresentate una realtà unica in Italia. Esistono, o nasceranno, realtà simili in Europa o in altre parti del mondo?

Ad oggi, in Europa e negli Stati Uniti, non esiste nulla di simile al nostro O.Ma.R. La cosa più simile è Orphanet, un enorme database delle malattie rare in più lingue: è un portale eccellente ma didascalico, qualcosa di complementare rispetto a quello che facciamo noi, e non a caso dal 2022 abbiamo con loro una partnership per ora a livello italiano.
Finora non ho mai saputo di qualcuno che volesse replicare il nostro modello altrove, anzi, ci hanno chiesto di aprire un O.Ma.R. in altri paesi, non è detto che non lo faremo, ma è un passo che va ben preparato perchè bisogna poter mantenere la stessa qualità. Nel frattempo collaboriamo su specifiche attività: siamo in contatto con clinici di altri Paesi, con centri di riferimento internazionali per malattie rare, con associazioni non italiane di pazienti. Siamo stati contattati spesso da parlamentari esteri, che ci hanno chiesto informazioni su alcune normative italiane, spesso frutto di nostre iniziative. Siamo stati diverse volte all’Europarlamento a Bruxelles per raccontare quello che facciamo e abbiamo partecipato a numerosi convegni internazionali.
Io mi auguro che, anche altrove, possano nascere realtà simili alla nostra, indipendentemente da chi le promuove. Le malattie rare - i pazienti, i familiari, le associazioni, i medici, gli ospedali, i centri di ricerca, le istituzioni - hanno bisogno di creare network il più possibile ampi per acquisire visibilità. Nell’era di Internet questo è possibile.