Sitagliptin nei pazienti con diabete di tipo 2 e COVID-19

Una ricerca ha dimostrato che in pazienti affetti da diabete di tipo 2 con COVID-19 un farmaco antidiabetico chiamato Sitagliptin ha dimezzato la mortalità. La mortalità è infatti scesa dal 37% al 18%.

Dalla terapia del diabete arriva un’ulteriore arma per la cura della COVID-19

Una ricerca scientifica innovativa, coordinata dal professor Sebastiano Bruno Solerte del Dipartimento di Medicina Interna dell’Università di Pavia e condivisa con i professori Massimo Galli e Paolo Fiorina dell’Università di Milano, è stata appena pubblicata sulla prestigiosa rivista internazionale americana «Diabetes Care», organo ufficiale dell’American Diabetes Association.

La ricerca clinica ha dimostrato che il virus SARS-CoV-2 si può contrastare efficacemente utilizzando un farmaco commerciale di uso corrente per il trattamento del diabete mellito: il Sitagliptin che è incluso nella classe delle gliptine.
Alla ricerca hanno partecipato anche l’Ospedale Sacco di Milano, l’Istituto Clinico Humanitas, l’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, l’Ospedale dell’Angelo di Mestre, l’Ospedale Maria Vittoria di Torino e la Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia.
Quindi uno studio tutto italiano, condotto nelle regioni del nord tra marzo e aprile ed effettuato in un’area territoriale dove la pandemia da coronavirus COVID-19 ha avuto gli effetti più gravi sulla mortalità ed ospedalizzazione delle persone.

Il Sitagliptin viene già da tempo utilizzato nel diabete mellito per controllare l’iperglicemia e anche alcune comorbilità. Il farmaco appartiene alla classe degli inibitori del sistema enzimatico DPP4/CD26 che sorprendentemente è lo stesso sistema che usa il SARS-CoV-2, insieme ai recettori ACE2, CD147 e TMPRSS, per infettare le cellule sane dell’ospite e per diffondersi in maniera aggressiva e incontrollata nell’organismo, danneggiando organi e funzioni e causando irreversibilmente la morte.
E proprio da questa coincidenza di effetti del sistema DPP4/CD26 era nata l’ipotesi iniziale, precedentemente pubblicata nel mese di luglio su un’altra prestigiosa rivista internazionale («Acta Diabetologica»), di utilizzare Sitagliptin come farmaco anti COVID-19, magari anche in associazione con altre molecole attive sul virus. Una sorta di polichemioterapia convenzionale, che potrebbe funzionare anche in senso profilattico nella prevenzione primaria.
I pazienti diabetici reclutati nel protocollo, e affetti da COVID-19, erano ricoverati in regime acuto/intensivo. In questi, il sottogruppo che ha assunto Sitagliptin ha dimostrato una mortalità dimezzata e un più rapido miglioramento di tutti i dati clinici e di laboratorio, rispetto ai pazienti a cui non era stato somministrato il farmaco. Pertanto, il Sitagliptin ha determinato meno morti e una più rapida guarigione e in prospettiva anche minori effetti collaterali a medio e lungo termine, che potremmo in futuro verificare.
Quindi, è stato ipotizzato non soltanto un effetto curativo immediato del Sitagliptin, come si evince dai risultati pubblicati, ma anche un’azione sul contenimento delle complicanze croniche dell’infezione e quindi anche sulla mortalità in fase post acuta.
Il blocco enzimatico DPP4/CD26 impedisce di fatto al virus di utilizzare uno dei canali attraverso cui penetra all’interno delle cellule e di attivare maldestramente due situazioni, il processo infiammatorio e la tempesta citochinica, che se non controllate conducono irreversibilmente a morte i soggetti infettati, sia diabetici che non diabetici.

Questa evidenza è quindi di grande importanza e, in attesa di un futuro vaccino o di un trattamento con anticorpi monoclonali, permette di inserire il Sitagliptin nei protocolli farmacologici della terapia della COVID-19. Una molecola che si è dimostrata efficace, sicura ed esente da effetti collaterali significativi.
“In questo momento – dice il Prof. Solerte  – siamo impegnati a disegnare una nuova ricerca sui pazienti che si ammaleranno acutamente nella seconda fase della pandemia. Contestualmente, stiamo inoltre definendo l’ipotesi che più ceppi virali possano essere presenti nella popolazione e, nel caso, se l’intervento farmacologico potrà essere modulato in relazione ai diversi quadri fenotipici e clinici della pandemia da coronavirus. Valutando a posteriori quanto successo da gennaio ad oggi, forse questo era già evidente dall’inizio di quest’anno”.
"La nostra scoperta deve essere confermata in un ampio studio multicentrico randomizzato" dice il Professor Fiorina e aggiunge che un ampio team di ricercatori compresi i collaboratori di Bergamo, Pavia, Humanitas-Milano, Torino, Mestre e Boston, sta già pianificando uno studio randomizzato per confermare i risultati.

 

Fonti: Newsletter Università degli Studi di Pavia. Dalla terapia del diabete arriva un’ulteriore arma per la cura della COVID-19. Università degli Studi di Pavia. 06 ottobre 2020
La Statale News. Sitagliptin riduce la mortalità nei pazienti con diabete di tipo 2 e COVID-19. Università degli Studi di Milano. 29/09/2020